monastero di santa caterina

Monastero di Santa Caterina

Monastero di Santa Caterina

Con questo articolo dedicato al Monastero di Santa Caterina proseguiamo la nostra attività di scoperta e narrazione di luoghi sacri.

Perché Santa Caterina?

Abbiamo scelto il Monastero di Santa Caterina, sebbene sia conosciutissimo e molto visitato,  perché è davvero a 4 passi dalla nostra azienda, ma soprattutto perché abbiamo avuto la grande opportunità di imparare fatti, vicende, “segreti” di questo monastero dalla viva voce della Professoressa Nicole Oliveri, che conosce la storia di questo luogo come pochi al mondo.

La prospettiva che Nicole ci ha regalato è quella dell’emancipazione femminile. Infatti, ci ha narrato una storia importante fatta da donne che, quando non era assolutamente convenzionale, prendevano decisioni fattive di grande importanza.

Il monastero

Il monastero di Santa Caterina d’Alessandria occupa quasi un intero isolato, nel cuore di Palermo, si trova tra Via Vittorio Emanuele, Piazza Pretoria, Piazza Bellini e via degli Schioppettieri.

Sorse per volere testamentario delle nobildonne Benedetta MastrangeloPalma Abate, rispettivamente figlia e moglie di Ruggero Mastrangelo, capitano del popolo che governò Palermo dopo il Vespro e la cacciata dei francesi.

La costruzione iniziò dopo il 1311. Altre nobildonne palermitane, vedove e senza figli, contribuirono generosamente alla dotazione del monastero e per tutto il XIV secolo Santa Caterina fu il più facoltoso monastero femminile di Palermo.

La storia del monastero

La sua storia è durata 700 anni, nel corso dei quali le monache domenicane hanno traghettato questo mondo attraverso due epidemie di peste (1575 e 1624), due terremoti (1729 e 1823),  una epidemia di colera (1837), le cannonate dei Borboni (1860),  le razzie dei Savoia (1866-67) ed infine i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
In questi 700 anni di storia al femminile, di fatto, ha preso vita una piccola città con la sua reggente (la Priora),  una città completamente autarchica, le cui abitanti erano provenienti dalla migliore nobiltà palermitana potente economicamente e politicamente e che arrivavano al monastero con tutte le loro ricchezze. Anche molte vedove della stessa estrazione hanno preferito la vita nel monastero a quella “libera”, infatti paradossalmente godevano di autonomia maggiore dentro il monastero  che vivendo nuovamente accanto ad un uomo. Attraverso questa scelta diventavano padrone del proprio destino.

Nel Medioevo, per esempio,  le religiose vivevano più a lungo e più confortevolmente delle laiche, non essendo stremate dalle gravidanze, dai parti, nutrendosi meglio, potendo accedere a cure migliori, essendo preservate dalle epidemie in quanto non esposte al contagio.

Il ‘500, secolo in cui il tessuto urbano di Palermo si modificò sostanzialmente, fu il periodo di massimo splendore del monastero di Santa Caterina.
In quel tempo, molte monache sebbene claustrali non rinunciavano a tutti i privilegi che comportava il loro status sociale, quindi vivevano in appartamenti privati arredati e corredati finemente, alle professioni solenni si facevano seguire fuochi d’artificio, musica, rinfreschi con dolci e sorbetti.

È stato durante questo secolo, precisamente nel 1566, sotto il priorato di Suor Maria del Carretto oggi sepolta dietro l’altare principale, che presero l’avvio di lavori di edificazione della bellissima chiesa di Santa Caterina.

Pensate il potere che gestiva la Priora in quel tempo per dare inizio ad una simile opera. Infatti questo era il tempo nel quale, quando moriva una Priora le venivano tributati  funerali degni di quelli di un capo di stato. Il monastero di Santa Caterina era ritenuto un centro di potere non solo spirituale ma soprattutto economico e sociale. E questo potere era gestito da donne, che in quel periodo in nessun altro ambito avrebbero potuto avere questa chance.

Le fanciulle che entravano in convento rispetto sorelle che si sposavano, avevano l’opportunità di fare carriera. Ed avevano l’opportunità e il tempo per studiare.
La Priora ad oggi la definiremmo una manager. Infatti, investiva le doti ricevute, amministrava i beni fondiari di cui reinvestiva le rendite, e poi dava appalti a maestranze di ogni genere (si pensi solo alla costruzione e decorazione della chiesa di Santa Caterina appena citata), gestendo quindi potere precipuamente economico.

Tutto ciò ebbe un epilogo: nel 1866 quando vennero soppressi gli ordini religiosi e quando il R.D. del 7 luglio decretò che le suore potevano restare nella loro sede superando il numero di sei.  Il 30 dicembre del 1866 furono chiusi i libri contabili del monastero.

L’elenco delle priore del monastero di Santa Caterina (sotto vetro nello stesso monastero, ancora oggi) si ferma al 1871.

Da lì in poi per il monastero iniziò una fase calante.

Dopo la seconda guerra mondiale, le monache si sostennero grazie a delle piccole attività economiche come la produzione di dolci o il pensionato per studentesse universitarie.  Infine, nel 2014 le ultime tre claustrali vennero trasferite a Rieti in un altro monastero.

Santa Caterina oggi

Santa Caterina, vive e continua a vivere essendo stato trasformato in un museo aperto al pubblico nell’aprile del  2017. E ancora una volta il monastero mostra la sua “stoffa” infatti dall’aprile al novembre del 2017 ha ospitato 126.615 visitatori!

Approfondimenti sul monastero di Santa Caterina d’Alessandria

Sito ufficiale
I Segreti del Chiostro
Genio Editore

Ringraziamenti

Prof. Nicole Oliveri, docente della Pontificia Facoltà di Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista

Padre Giuseppe Bucaro, rettore della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria

Dott. Maria Oliveri, autrice del libro “In Santa Caterina”

 

oratorio di san giuseppe dei falegnami

Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami

Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami

Con questo articolo dedicato all’oratorio di San Giuseppe dei Falegnami inauguriamo una attività che ci siamo riproposti di fare: adottare ogni mese un luogo sacro e parlarvene.

La scelta di marzo è caduta sull’Oratorio di San Giuseppe ai Falegnami per molti motivi, il primo il più facile perché il 19 ricorre San Giuseppe, poi sicuramente perché siamo nell’anno del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale [qui la lettera apostolica Patris Corde del Santo Padre Francesco], infine ma non per ultimo l’oratorio si trova molto molto vicino al nostro negozio storico,  lo sentiamo parte di noi.

Prima di scrivere questo articolo siamo andati di persona a rivedere e rivivere l’Oratorio – cosa resa possibile grazie alla splendida accoglienza di Padre Riccardo Garzari –  che in questo momento si trova in restauro quindi perdonerete le immagini che vi mostreremo, le quali, di certo, non rendono giustizia al luogo.

San Giuseppe

L’8 dicembre 1870, il beato Papa Pio IX proclama san Giuseppe Patrono della Chiesa Universale con il decreto Quemadmodum Deus.

Nel 1961, l’allora Papa Giovanni XXIII , nella Lettera apostolica Le voci, affida alla protezione di san Giuseppe il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965).

Nel 1989 l’allora Papa Giovanni Paolo II scrive l’esortazione apostolica Redemptoris Custos . Il Pontefice scrive il documento per la convinzione  che riscoprire il sostegno dello Sposo di Maria … “consentirà alla Chiesa, in cammino verso il futuro insieme con tutta l’umanità, di ritrovare continuamente la propria identità nell’ambito di tale disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione.”…

Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami

Storia

L’oratorio fu originariamente fondato da due congregazioni: quella di Gesù, Giuseppe e Maria e quella dei Servi del Santissimo Sacramento e Immacolata Concezione. Il suo titolo era Elevazione delle Quaranta Ore. Nel 1805 passa alla Compagnia di San Giuseppe dei Falegnami (risalente al 1499), che gli da il nome che porta ancora oggi.

L’oratorio, chiuso al pubblico ed al culto da numerosi anni, è stato riaperto i il 25 febbraio 2009. La sua funzione, oggi, è di Cappella Universitaria.

L’oratorio è incorporato nell’edificio universitario dell’attuale facoltà di Giurisprudenza di Palermo.

Aspetto

L’oratorio ha piccole dimensioni ed una struttura ad aula unica voltata a botte. 

Nel vestibolo è conservato il fercolo di San Giuseppe ed una pregevole statua in cartapesta dell’Immacolata, risalente al 17° secolo.

Si accede attraverso due bellissime porte lignee di noce, realizzate dai fratelli Matteo e Giovanni Calandra.

Su entrambe le porte scorgiamo dei bassorilievi che raffigurano episodi  riguardanti la Sacra Famiglia.

Al suo interno si trovano dei magnifici stucchi realizzati all’inizio del Settecento da Giuseppe Serpotta, arredi lignei risalenti al 16°e 17° secolo.

Il decoro parietale è in stile tardo seicentesco ed è sottolineato da due sedili ininterrotti e sorretti da mensole.

E siamo arrivati all’altare che raffigura scene della Sacra Famiglia, risalente al 1806, realizzato su disegno di Giuseppe Venanzio Marvuglia.

A mensa dell’altare troviamo il tavolo della confraternita, finemente intagliato. 

Misticità

Le parole, la descrizione, purtroppo anche le foto non rendono merito alle sensazioni che si provano facendo ingresso in questo piccolissimo oratorio.

Chi vi scrive ha avuto anche il piacere di visitarlo in occasione dei Sepolcri di qualche anno fa,  ed il contrasto tra il  verde del grano e gli arredi lignei è qualcosa di veramente forte!

Cosa dire ancora?

Appena sarà nuovamente fruibile vi consigliamo caldamente una visita.

Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami – Via Giuseppe D’Alessi, 90134 Palermo PA

22 maggio Santa Rita

22 maggio Santa Rita

22 maggio Santa Rita22 maggio Santa Rita

Oggi il giorno che dedichiamo a Santa Rita, la Santa dei miracoli impossibili, la Santa a cui si rivolgono mogli, madri e vedove.

A Palermo, come in tutta Italia, la devozione verso questa Santa è molto diffusa.

Abbiamo avuto il piacere di parlarne con Salvo Mancuso, presidente della confraternita di Santa Rita, che si colloca presso la chiesa della Maria Santissima Immacolata di Palermo.

Oggi sarebbe il giorno in cui, tradizionalmente, tutte le devote si recano presso la chiesa con le rose per farle benedire, ma data la straordinarietà dell’anno, troveranno la chiesa chiusa e dei vasi dove depositare le rose ad attenderle.

Le rose e Santa Rita

La prima domanda che abbiamo rivolto a Salvo Mancuso è stata proprio, perché le rose?
E lui ci ha spiegato che Santa Rita, in punto di morte, chiese a sua cugina di recarsi nella casa in cui lei aveva vissuto a Roccaporena e di portarle due fichi ed una rosa.
Essendo una giornata fredda, avendo nevicato, la cugina pensava che delirasse. Tuttavia, andò a casa di Santa Rita e trovo una rosa e due fichi ad aspettarla in mezzo alla neve!
Ecco perché la rosa è il fiore simbolicamente legato a questa santa, dalla vita abbastanza singolare.

La vita di Santa Rita

Rita, infatti, fu moglie e fu madre e poi vedova.
Il marito morì ucciso, probabilmente da qualche suo ex compagno di pessime avventure. Rita però non odiò, anzi perdonò. Tuttavia si preoccupò che i suoi due figli, secondo gli usi dell’epoca, avrebbero voluto vendicare la morte del padre con un’azione altrettanto violenta.
Rita pregò Dio di fare in modo che questo non accadesse, chiedendogli semmai di mandare i suoi figli subito in paradiso piuttosto che farli vivere e lasciargli compiere un atto criminoso.  E Rita fu accontentata, entrambi i suoi figli si ammalarono e morirono contemporaneamente giovanissimi.

Il monachesimo di Santa Rita

In seguito a questi fatti, Rita chiese più volte  di essere ammessa al noviziato nel monastero agostiniano di  Santa Maria Maddalena, ma la sua richiesta venne respinta, probabilmente a causa della vita travagliata che aveva vissuto fino a quel tempo.
Allora lei affidò le sue preghiere a San Giovanni Battista, Sant’Agostino e San Nicola da Tolentino, i quali una mattina la fecero ritrovare al centro del chiostro del monastero, fatto che costrinse la badessa ad accettarla.
Ma, non essendo convinta, mise a dura prova la vocazione e l’obbedienza di Rita, facendole annaffiare un arbusto di vite secco, presente nel chiostro del monastero. Il legno, dopo un po’ di tempo, riprese vita e dette frutto. Questa vite, presente ancora oggi al monastero, da allora è detta la vite miracolosa.

Oggi questa Santa dalla vita così umana è fonte di ispirazione e devozione per moltissime donne che si riconoscono in percorsi familiari difficili, questo per Salvo Mancuso è la motivazione della grande devozione delle nostre concittadine a Santa Rita.

Guarda oggetti che riguardano Santa Rita >>> qui.

San Giuseppe

San Giuseppe

San Giuseppe, 19 marzo
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I Vangeli e la dottrina cristiana affermano che il vero padre di Gesù è Dio: Maria lo concepì miracolosamente, senza aver avuto rapporti sessuali con alcuno, per intervento dello Spirito Santo. Giuseppe, inizialmente intento a ripudiarla in segreto, fu messo al corrente di quanto era accaduto da un angelo apparsogli in sogno e accettò di sposarla e di riconoscere legalmente Gesù come proprio figlio. Perciò la tradizione lo chiama padre putativo di Gesù (dal latino puto, “credo”), cioè colui “che era creduto” suo padre (sulla scorta di Luca 3,23).

fonte: Wikipedia

[nell’immagine San Giuseppe con Gesù infante Guido Reni, 1635]